Cascasse il Mondo | Giornale Online


Merito e più poteri ai presidi: Ecco la scuola del nuovo ministro
16 Maggio, 2008, 12:33 PM
Filed under: Scuola, Università

Riportiamo un articolo che presenta il neoministro dell’Istruzione, università e ricerca Mariastella Gelmini. Ai più sconosciuta, ha sollevato diversi dubbi per la sua giovane età (appena trentacinquenne). Diverse le polemiche scaturite in seguito alla sua nomina, c’è chi, infatti, le avrebbe preferito un tecnico con maggiori esperienze sul campo. Nonostante tutto le linee guida del futuro operato del neoministro sono apparse già in una proposta di legge (“Delega al Governo per la promozione e l’attuazione del merito nella società, nell’economia e nella pubblica amministrazione e istituzione della Direzione di valutazione e monitoraggio del merito presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato“) presentata lo scorso 5 febbraio, quando il governo Prodi era già caduto. Dalla proposta di legge emergono chiari i punti cardine per la “valorizzazione del merito nel sistema scolastico e universitario”. Un principio di cui scuole e università hanno sempre più bisogno. Spente le polemiche sul nome (e sull’età) del neoministro, gli studenti restano in attesa di una riforma sempre più necessaria, che premi meriti e capacità. Corpo docente compreso.

(….)Per rilanciare la scuola occorrerebbe manovrare tre leve: “Valorizzazione del merito e piena applicazione del principio di autonomia scolastica”, “valorizzazione del merito degli studenti” e, infine, “valorizzazione del merito dei docenti”. Come? In primis, passando per il “rafforzamento dei poteri organizzativi e disciplinari dei dirigenti scolastici con compiti di gestione amministrativa e di reclutamento del corpo docente”. Proseguendo per “la promozione di una piena concorrenza tra le istituzioni scolastiche, mediante l’adozione di meccanismi di ripartizione delle risorse pubbliche in proporzione ai risultati formativi rilevati da un organismo terzo” che pubblicherà “annualmente una classifica regionale delle istituzioni scolastiche fondata su parametri trasparenti e verificabili” e attraverso “il riconoscimento alle famiglie di voucher formativi da spendere nelle scuole pubbliche o private”.

Gli studenti dovrebbero essere spronati a dare il meglio attraverso “la cancellazione del sistema dei debiti formativi e l’aumento della selettività dei meccanismi di avanzamento scolastico, anche attraverso la reintroduzione degli esami di riparazione”. Per coloro che sono in difficoltà occorrerebbe prevedere “all’interno del piano dell’offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche, anche consorziate tra loro, appositi moduli integrativi obbligatori che diano l’opportunità, senza oneri a carico dello studente, di recuperare nel corso dell’anno eventuali insufficienze nelle singole materie” e per i più bravi incentivare “gli interventi volti alla concessione di borse di studio legate al merito, ferma restando la necessità di garantire un sistema adeguato di sovvenzioni a studenti meritevoli in stato di necessità”.

Per spingere i docenti a lavorare “meglio” dovrebbe essere eliminato “ogni automatismo nelle progressioni retributive e di carriera degli insegnanti”. Bisognerebbe liberalizzare progressivamente la professione docente “attraverso la chiamata nominativa da parte delle autonomie scolastiche su liste di idonei, con un periodo di prova di due anni scolastici propedeutico all’assunzione a tempo indeterminato” e dare “la possibilità alle singole istituzioni scolastiche di stipulare con singoli docenti contratti integrativi di tipo privatistico”.

Per fare decollare il sistema universitario gli studenti dovrebbero sottoporsi ad “esami preliminari obbligatori per l’accesso alle università pubbliche e private, anche ove non sia previsto il numero programmato per le iscrizioni ai corsi di laurea, al fine di valutare la preparazione di base e i successivi progressi degli studenti”. Bisognerebbe rimodulare “le tasse universitarie, con rafforzamento delle borse di studio destinate agli studenti meritevoli e aumenti delle tasse a carico degli studenti fuori corso”, ampliare “l’ambito di applicazione dell’istituto del prestito d’onore”.

Per la valorizzazione del merito dei docenti universitari e dei ricercatori si dovrebbe passare per la “la progressiva abolizione degli incarichi a tempo indeterminato”. Occorrerebbe rivedere “i meccanismi di reclutamento, mediante l’istituzione progressiva della chiamata nominale da parte delle facoltà universitarie” e “introdurre sistemi di verifica triennali dei risultati della ricerca, ai fini del mantenimento dell’incarico e delle progressioni di carriera”. Ma non solo. I finanziamenti agli atenei dovrebbero essere ripartiti in misura direttamente proporzionale ai risultati formativi qualitativi certificati da organismi terzi”. Stesso discorso per gli Enti di ricerca ai quali toccherebbe la privatizzazione e “la soppressione di quelli pubblici che risultano inadeguati rispetto agli standard internazionali”. (Fonte: http://www.unica.it, tratto da Repubblica online)



Fintobuonismo da salottino, e intanto nelle periferie…
12 Maggio, 2008, 2:54 PM
Filed under: Politica Interna

Prima pagina di Liberazione: “il razzismo dilaga, sinistra: se ci sei batti un colpo”. Accanto al titolo, nella foto centrale, uno dei (rari) casi sgombero di un campo nomadi abusivo. La sinistra extraparlamentare (e non) grida allo scandalo. È emergenza xenofobia! Basta con i luoghi comuni. Il migrante non ha mai fatto male a nessuno. Tuteliamo gli stranieri nostri ospiti! Italiani razzisti e xenofobi in galera!

Non deve essere dello stesso avviso una mamma di Napoli che ieri sera ha sorpreso una zingara che, dopo aver fatto irruzione in casa sua, ha tentato di rapire la sua bimba di pochi mesi. “Credo che siano cattivi, i rom devono andare via da qui“, ha dichiarato (nel quartiere di Ponticelli, dove vive, sono presenti 5 campi Rom). “Erano le 8.10 di sera, prosegue, a un certo punto ho notato la porta aperta e sono andata immediatamente in cucina: il seggiolone a dondolo, dov’era mia figlia, era vuoto. Si è trattato di pochi secondi, la ragazza che aveva preso la bambina era ancora sul pianerottolo: l’ho bloccata, le ho strappato la piccola. Lei è scappata, e io ho urlato chiedendo aiuto“. Il primo ad intervenire è stato il nonno che ha placcato e schiaffeggiato la zingarella (razzista! Xenofobo! In galera!), che però è riuscita a divincolarsi, salvo poi essere fermata dalla folla inferocita accorsa dopo aver sentito le grida d’aiuto. Soltanto l’intervento della polizia ha sottratto la “povera migrante” dalla reazione popolare.

Perciò mentre le più grandi città Italiane vedono sorgere nelle proprie periferie vere e proprie bidonville che vanno ad alimentare un contesto di degrado urbano (un doveroso ringraziamento ai palazzinari va fatto), di mancanza di lavoro e  forte criminalità, organizzata e non, il disagio sociale in cui gli Italiani si trovano a (soprav)vivere aumenta giorno dopo giorno. Nessuna emergenza xenofobia, soltanto esigenza di protezione.  

Da Roma, intanto, il neo ministro dell’interno Maroni, si avvia all’introduzione di norme drastiche contro l’immigrazione selvaggia, a cominciare dal “reato di immigrazione clandestina” che comporterà una pena da sei mesi a quattro anni di reclusione. Si va poi verso un inasprimento delle pene ed il taglio della Gozzini, verso l’introduzione di processi per direttissima e per rito immediato (la zingara di Napoli ne sarebbe l’esempio lampante). Svariati i commenti dai vari schieramenti “parlamentari”, per Niccolò Ghedini, consigliere fidato di Berlusconi l’introduzione di una nuova figura di “reato di’immigrazione” è “un messaggio che va dato, i clandestini avranno la certezza che, una volta condannati e buttati fuori, quando torneranno finiranno in carcere senza sconti e ciò avrà un’efficacia dissuasiva“. Dichiarazioni condivise anche da Giulia Buongiorno che dichiara: “Non c’è una stretta, chi viola la legge deve sapere che sarà destinatario di sanzioni concrete e non astratte“.

La sinistra Radical-chic, da salottino, si unisce allo sdegno di Liberazione e grida all’emergenza xenofobia in nome dell’ospitalità e della tolleranza (le bidonville fanno comodo altrochè). Il sindaco di Torino, nonchè membro dei “governo ombra” (shadow-cabinet! Yes we can!) Sergio Chiamparino si allarma per i Cpt che, da centri di permanenza, diventeranno, a suo dire, centri di detenzione. L’ex presidente Francesco Cossiga liquida il pacchetto come una “follia” e minaccia: “Se lo presenteranno capeggerò non l’opposizione, ma la rivolta“.

Prevarrà la rivolta dell’opposizione parlamentare, in nome della “xenofobia” italiana che opprime il migrante? Oppure la rivolta della periferia (sempre più orientata verso il “farsi giustizia da sola”), vittima del disagio sociale, lasciata ostaggio di zingari rapitori, liberi di agire nell’impunità più assoluta? È ora di abbandonare falsi moralismi, fintobuonismi da salottini intellettuali. L’emergenza sicurezza c’è ed è reale. Che siano i campi nomadi, che si tratti di parcheggiatori abusivi o della prostituzione. Occorre agire sia all’origine, (combattendo il disagio sociale delle periferie sub-urbane, ed eliminando il degrado urbano, tutto italiano), che alle dirette conseguenze, restituendo al cittadino la propria sicurezza. Anche con misure repressive.

La domanda da porsi è sempre la stessa: Viene prima l’Italiano o il “migrante”?

Alessandro



Cina: tra triade e olimpiadi
11 Maggio, 2008, 6:46 PM
Filed under: Esteri

Pubblichiamo un estratto di “Orientamenti & Ricerca”, notiziario periodico del Centro Studi Polaris. Scegliamo di riportare la parte prettamente dedicata alla Cina. Ciò per capire ed interpretare le sue strategie politico-economiche, analizzare la sua situazione sociale interna, approfondire le sue relazioni (non solo commerciali o diplomatiche, come si vedrà) con i paesi occidentali. Un analisi finalizzata al collocamento del gigante asiatico nel grande scacchiere della politica mondiale. Una lettura che può fornire anche indicazioni su come mai in Cina si svolgeranno le prossime olimpiadi, e sul perchè ancora oggi, nonostante tutto, il tibet resti ancora prigioniero del capitalcomunismo orientale.

LA YALTA DELLA DROGA. A partire dal 1972 quando Mao e il presidente americano Nixon s’incontrano a Pechino e assistono a una famosa partita di ping-pong le relazioni tra Cina e Stati Uniti cambiano ufficialmente. Ma già da qualche mese, nel 1971, la Cina era stata ammessa all’Onu con l’espulsione dei rappresentanti di Taiwan (Formosa). Cosa cambia? Innanzitutto gli Usa abbandonano la presa in Vietnam tanto che la guerra sarà vinta dai comunisti e conclusa nel 1975. Poi la Cina agirà sul piano internazionale, e particolarmente in Africa, perseguendo i suoi interessi in pieno accordo con le Multinazionali americane e in contrasto con la Russia. Infine verrà stipulata l’alleanza sporca (mafie, triadi, partito, servizi segreti, banche) per la gestione del traffico internazionale d’oppio e d’eroina. Impossibile avere un’idea della portata del narcotraffico; le sue cifre sono, per definizione, clandestine; tuttavia nell’economia mondiale esso rappresenta la seconda o la terza voce (è in ballottaggio con il traffico d’armi) inferiore solo al petrolio.

Per conseguenza dell’accordo al vertice le triadi cinesi si vedono aperte le strade per l’occidente e la stessa mafia americana, con l’ingresso vigoroso degli asiatici,viene completamente rivoluzionata nella sua composizione etnoculturale, nelle sue strutture e nei rapporti di forza. Con la svolta degli anni Settanta inoltre la Cina lega il suo futuro e la sua espansione alla geopolitica delle multinazionali, a una cooperazione sostanziale con gli Usa e ad un ruolo importante nel traffico di droga. Una serie di alleanze mafiose tra le triadi (che si confondono con i vertici stessi del partito comunista cinese) e le varie mafie ha luogo. I cinesi vanno a prendere possesso del Triangolo d’oro scalzandovi i padrini nazionalisti ed intraprendono la linea politica di una potenza comunista che vive nel capitalismo e del capitalismo. Nel 1976 muore Mao e prende il potere Deng Xiaoping che intraprende la svolta del “comunismo di mercato“. Nel trentennio che fa seguito all’ascesa di Deng e al varo del comunismo di mercato si assiste ad un fenomeno molto particolare. La società cinese, retta da un solo partito, appunto quello comunista, che coincide con le gerarchie mafiose delle triadi spinge ad uno sviluppo industriale a ritmi serrati che però produce una forte divaricazione di classe.

IL PARADISO CINESE. La Cina, che conta approssimativamente un miliardo e trecento milioni di abitanti, produce un milione e mezzo circa di plurimiliardari, avvia lo sviluppo di una non nutrita classe media ma, soprattutto, produce un proletariato povero e disperato che si vede costretto a vagare in cerca di lavoro abbandonando le campagne. Negli ultimi quindici anni i miserabili che migrano e vivono in assoluta precarietà e senza diritti sono diventati oltre duecento milioni.

Questi alcuni dati del “paradiso cinese” (fonte: Lotta Comunista): il salario minimo concesso a questi disperati, introdotto nel 2004 equivale al 20% del reddito medio nelle città. Malattie come la silicosi affliggono più di 4 milioni di lavoratori. 15 mila l’anno sono vittime di incidenti mortali, 13 al giorno sono vittime di amputazioni per incidenti sul lavoro che li condannano alla miseria fino alla morte. Le giornate lavorative sono di 15 ore 7 giorni su 7. La Cina si sta man mano strutturando per zone di diversa ricchezza (o meglio di diversa povertà) e nelle zone interne, ove iniziano a impiantarsi i capitali per sfruttare una mano d’opera ancor più sottopagata, l’impennata delle derrate alimentari ha reso miserabili folle intere che si gettano nell’immigrazione interna. E questo riguarda i lavoratori ufficiali, sindacalizzati, non in nero, ai quali si devono aggiungere i clandestini e gli schiavi (quelli che lavorano gratis nei campi di concentramento, i laogai). Lo scontro sociale si acuisce ed ha superato la soglia dei mille conflitti al giorno. Intanto i capitali cinesi investono in zone limitrofe con mano d’opera ancor meno cara, come il Vietnam.

Come socialismo reale non c’è male, decisamente. Poi ci sono i Laogai. Sono campi di concentramento dove il detenuto lavora per ore in condizioni subumane e mangia qualche pugno di riso in proporzione a quanto ha prodotto. I detenuti (dai cinque ai sei milioni) muoiono spesso di stenti. Le condanne a morte, che sono comminabili per ben sessantaquattro capi d’imputazione anche minori in seguito a processi farsa, vengono eseguite per ottomila l’anno. Così richiede l’industria degli espianti d’organi e dei loro mercati (in Cina e in Usa). Questa industria della morte è fiorentissima nel paradiso capital/comunista.

LA GUERRA SILENZIOSA DELLA CINA. Negli ultimi anni la questione cinese è stata sostanzialmente trattata dai media e dalla letteratura specialistica secondo due schemi interpretativi : alcuni hanno visto il confronto (commerciale, finanziario, geopolitico) tra noi e la Cina come un evento dal quale sarebbe potuto scaturire, in fin dei conti, un vantaggio per l’Europa, altri (soprattutto ultimamente) hanno invece ravvisato la piena entrata della Cina nel sistema mondiale odierno come una pericolosa, e per certi versi poco prevedibile, variabile. Ad oggi la Cina rappresenta già un gigante economico in piena ascesa : nel 2001 ha aderito al WTO (una organizzazione privata che regola il commercio mondiale) raddoppiando in pochi anni il proprio PIL e sorpassando di gran lunga Italia, Francia e Regno Unito. In questo momento poi, dopo gli USA, è la destinazione che attrae la maggior quantità di capitali esteri.

La svolta del comunismo di mercato, intrapresa già dalla fine degli anni ’70 da Deng, ha dato la forza alla Cina del terzo millennio per mettere in discussione tutti gli equilibri mondiali finora esistenti. Questo anche per altri motivi: innanzitutto perché i”proletari” di questo paese sono costretti a lavorare (ammesso che trovino un impiego) a ritmi di 15 ore al giorno, sette giorni su sette con un salario che non gli permette di elevarsi al disopra della soglia di povertà (parliamo di lavoratori sindacalizzati, a parte ci sono gli schiavi detenuti nei campi di concentramento, i Laogai); inoltre, sempre dagli anni ’70, i comunisti cinesi strappano il controllo del Triangolo d’oro ai nazionalisti cinesi che erano stati sconfitti da Mao nel ’49. Così facendo il partito, di concerto con mafie, triadi, servizi segreti e banche, si assicura in breve il controllo di quasi tutto il narcotraffico del continente.

Attualmente la Cina è presente in Africa con almeno 700 imprese, tramite le quali si approvvigiona di petrolio e di materie prime (per inciso : uno dei motivi dell’aumento vertiginoso dei carburanti negli ultimi tempi è stata la fortissima richiesta cinese di petrolio sul mercato mondiale); questo risultato è stato raggiunto anche grazie al FOCAC (Forum per la Cooperazione Sino-Africana), tramite il quale la Cina ha potuto gettare una testa di ponte verso il continente più ricco del mondo. Analogo ruolo, ma per l’energia in particolare, l’ha invece svolto, e lo svolge, l’SCO (Organizzazione per la cooperazione di Shangai). Si noti poi che il rapporto tra gli USA e la Cina, aldilà delle apparenze, è in sostanza di tipo cooperativo: la Cina infatti sostiene buona parte del mastodontico debito americano acquistandone i titoli del tesoro, mentre gli USA contraccambiano permettendo alle merci cinesi di entrare nel proprio mercato con dazi bassissimi.

Per quanto riguarda infine la ripercussione dell’effetto Cina sul nostro mercato del lavoro, possiamo affermare che la delocalizzazione massiccia delle imprese in Oriente, così come la forte presenza di lavoratori extracomunitari nel nostro territorio, impiegabili a costi ridottissimi, hanno contribuito ad erodere tanto le quote di occupazione quanto quelle di salario dei lavoratori italiani.

  Per scaricare l’intera rivista di “O&R” e maggiori info: www.centrostudipolaris.org 



Affamati ed appiedati, un futuro non troppo lontano
9 Maggio, 2008, 10:56 PM
Filed under: Economia

La popolazione mondiale continua a crescere. Con essa, parallelamente, aumentano fabbisogno energetico ed alimentare. Le due cose, nel mondo “globalizzato del terzo millennio” vanno di pari passo. Sono sempre meno le risorse alimentari disponibili in proporzione al numero di “inquilini” del pianeta. Alla scarsità d’offerta, come noto, segue immediatamente, un immancabile impennata dei prezzi.

Il pianeta, imprigionato da logiche mondialiste suicide imposte dall’alta finanza e da organismi internazionali che ne sono il diretto braccio armato (FAO, WTO, Banca Mondiale, Fmi ecc.), sta andando incontro ad una crisi alimentare senza precedenti. Fame dunque. Da sempre presente nei paesi più poveri del terzo (o quarto) mondo sta divenendo sempre più uno spettro che aleggia sul grasso tronfio occidente.

Diverse le cause. Anzitutto il boom demografico (ed economico) di Cina e India, i due paesi più popolosi del globo, in cui vive il 40 per cento della popolazione mondiale. Cinesi ed Indiani, oltre a crescere ogni anno in numero, stanno modificando la loro tradizionale dieta caratterizzata da verdure e cereali a favore di una dieta sempre più ricca di carni. Ciò si traduce in sempre maggiori terreni sottratti all’agricoltura e messi a disposizione degli allevamenti. Il prezzo del riso, di conseguenza, ha superato per la prima volta nella storia i 1.000 dollari la tonnellata, e di riso si nutre buona parte della popolazione mondiale.

Prezzi più alti attirano ovviamente speculazioni finanziarie. Solitamente concentrate in altri settori, le operazioni speculative su granaglie nei mercati mondiali ora si susseguono. Aumenta la fame, crescono i profitti degli avvoltoi. Seconda grande causa: sempre più terreni, in America e in Occidente ma anche nel resto del pianeta , finora utilizzati per coltivare prodotti agricoli, vengono adibiti alla coltivazione di biocarburi, come l’etanolo e altri carburanti “puliti”. Nati per ridurre l’inquinamento atmosferico e per diversificare la produzione energetica, troppo dipendente dalle scarsissime riserve di greggio, i campi di granturco destinati alla produzione bioenergetica sono in costante aumento. Il tutto con scarsi risultati, visto l’aumento spropositato dei carburanti tradizionali.

Felici di rispondere alle esortazioni del presidente Bush junior, che mira ad aumentare sino ad un quarto del fabbisogno energetico U.S.A. la produzione di carburanti non fossili, gli agricoltori yankee stanno letteralmente trasformando i campi in immense “taniche” di biocarburante. Dati alla mano solo un anno fa il 22 percento dei raccolti andava a riempire i serbatoi dei rombanti motori a stelle e strisce, e la produzione di etanolo raddoppia anno dopo anno. Ma questa politica energetica è in corso in quasi tutto il mondo occidentale. L’Europa non sfugge a questa prassi. Fa anche di più. In un continente dove l’eurocrazia paga gli agricoltori per non coltivare, stabilisce quote fisse agli allevatori per frenare la produzione di latte, la produzione di granturco da convertire in etanolo è in costante aumento. Una vastità di terre che in tutto il mondo vengono sottratte alla coltivazione per produrre carburanti. E i risultati cominciano a farsi sentire.

Diminuito il volume della coltivazione di grano, il prezzo del frumento è aumentato del 100 per cento dal 2006 ad oggi, e ciò sta portando ad aumenti da record dei prezzi dei generi di prima necessità: pane, pollo, uova, latte, carne. Il che non fa che alimentare un gigantesco fenomeno speculativo. Multinazionali e sciacalli borsaioli sorridono. I paesi più poveri al mondo un po’ meno, e quelli benestanti non se la passano tanto meglio. Tutto questo risponde alla colpevole e premeditata idiozia mondializzatrice. Perchè produrre generi alimentari (poco fruttiferi e con costi di produzione elevati) quando si possono comprare a basso costo nel gigantesco (super)mercato mondializzato?

Il giochino, a conti fatti, non funziona più. L’idiozia suicida crolla di fronte all’aumento demografico sino-indiano, alle scarsità di raccolti (a causa di crisi climatiche) dei maggiori paesi coltivatori di granaglie. Paesi  produttori (ed esportatori) come l’Egitto hanno chiuso le dogane e fermato l’esportazione di frumenti, riducendo così l’offerta globale. Avvertito il problema pensano al fabbisogno alimentare degli egiziani, loro.

Uno stato che produce (prima di ogni altra cosa PRODUCE), che soddisfa il proprio fabbisogno alimentare, che pensa a sfamare il proprio popolo. Così come un padre farebbe per i propri figli.

Così agisce uno Stato assennato.

Alessandro

 



Quando parcheggiare diventa un inferno!
6 Maggio, 2008, 5:37 PM
Filed under: Tempi moderni

La politica al servizio del cittadino, nel quotidiano, nelle piccole cose che ci circondano. Il primo gradino della militanza politica è la battaglia più piccola, che può sembrare la più insignificante, ma che in realtà, è fondamentale e ogni giorno più preoccupante. Presenza nelle strade, nei quartieri, tra la gente. In questo caso anche nei parcheggi.

Cagliari è una città con un volume di traffico enormemente elevato, la circolazione dei veicoli per le sue strade arriva a livelli talvolta drammatici. Traffico, caos e relativo nervosismo. Il cittadino medio al volante si trasforma, è come andare in guerra, una volta acceso il motore e messa la cintura si deve andare in battaglia! Si sa già che quando si raggiungerà la meta, arriverà il problema quotidiano, il dramma che tutti vorrebbero evitare: la ricerca del parcheggio.

L’estenuante ricerca di un parcheggio libero nella nostra città si conclude con il consueto incontro con il “parcheggiatore abusivo“. In pochi anni i parcheggiatori sono passati da poche unità ad un numero esageratamente sproporzionato rispetto alle aree di sosta disponibili. In certe zone l’auto viene accerchiata da diversi elementi, mentre decine di altri “parcheggiatori abusivi” presidiano l’intero isolato. Il risultato? Sfuggire alla richiesta del solito fazzolettino, accendino, copri-cruscotto e via dicendo è praticamente impossibile. Spesso si è di fretta, basti pensare a parcheggi vicini ad uffici pubblici, poste, ospedali. Le persone non hanno il tempo di contrattare per un fazzoletto e pur di liberarsi del fastidio comprano la prima cosa che gli capita. Non fumatori con macchine ricolme di accendini, scorta annuale di fazzoletti, tre o quattro “parasole” in macchina. Niente di strano se, un giorno, si vedrà qualche automobilista rivendere gli accendini, preso dalla disperazione.

Il solito moralizzatore benpensante e tollerante dirà che sono disperati e che un euro non costa nulla, anzi è beneficenza. Pagare un euro (se va bene) ogni volta che si parcheggia, di solito anche due o tre volte al giorno (tutti i giorni) non è beneficenza: è costrizione! Si è costretti perché si teme per la propria macchina e, ancora peggio, si teme per la propria persona. Non sono rari, infatti, i casi di molestie. Donne e anziani sono i soggetti più colpiti. Ma anche persone che solitamente sono sole, poco potrebbero fare contro dozzine di individui poco rassicuranti che presidiano illegalmente,  le aree di parcheggio cittadine.

Senza contare poi, che il cittadino medio deve anche pagare il parcheggio, perché si trova nelle strisce blu. Ci troviamo perciò di fronte ad un doppio pedaggio. Si paga il comune da un lato e dall’altro “l’associazione parcheggiatori abusivi“. Questa situazione, sino ad oggi tollerata, non può e non deve andare avanti. Un cittadino non deve essere costretto a “pagare il pizzo” per la sicurezza della propria auto, con la beffa aggiuntiva poi di dover pagare la quota anche al comune.

Gli stessi individui che invadono i parcheggi li si può facilmente ritrovare nelle strade del centro, dove, di fronte alle vetrine dei negozi (che pagano affitto, tasse, luce e spese varie) vendono illegalmente merce contraffatta (borsette, capi d’abbigliamento, cd-dvd piratati) sotto il naso della polizia. Passi uno, passi due ma quando l’intero centro (si pensi a piazza Yenne e a largo Carlo Felice) è letteralmente invaso da soggetti che vivono ed operano al di sopra della legge, si capisce bene che la situazione non può più essere tollerata.

Per questo Azione Giovani ha iniziato una battaglia per restituire ai cittadini di Cagliari la libertà e la sicurezza di poter parcheggiare senza il pensiero per la propria incolumità fisica e quella del proprio autoveicolo.  Per questo scendiamo in campo per chiedere il rispetto delle leggi da parte di chi non le rispetta, in nome della solita impunità e della solita tolleranza che alimenta le file dei soliti moralizzatori benpensanti, che poi, quando toccati sul personale, sono i primi a gridare allo scandalo e a chiedere giustizia.

Per questo Azione Giovani ha studiato e lanciato una petizione popolare che permetta alla cittadinanza di sottoporre il problema alle istituzioni, indirizzandola al Sindaco di Cagliari e al Questore affinché mettano fine a questo problema, ripristinando la legalità nelle aree di sosta e delle zone commerciali-turistiche del centro. La raccolta firme è già partita e ci vedrà in questi giorni presenti per le strade del centro a contatto con il cittadino, per renderlo partecipe attivamente dell’azione politica.

È possibile inoltre firmare la petizione anche in rete al sito: http://www.firmiamo.it/controiparcheggiatoriabusiviacagliari.

Basta perbenismo! Basta tolleranza. Politica al servizio del cittadino.

 Azione Giovani

Comunità Militante Caravella



Facce torve all’evasore, calci in bocca al moralizzatore!
6 Maggio, 2008, 5:22 PM
Filed under: Tempi moderni

Qualche giorno fa, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di pubblicare online le dichiarazioni dei redditi degli italiani. Non appena si è diffusa la notizia e fino all’intervento del Garante della Privacy che ha disposto l’oscurazione delle pagine web, il sito dell’Agenzia è stato preso d’assalto dai cibernauti. Nel mentre già infuriava la polemica sulla legittimità o meno di rendere accessibili al pubblico quei dati. Comunque la si pensi, la pubblicazione di dati personali senza il consenso dell’interessato costituisce violazione della normativa sulla privacy ed espone chi vi si sottrae al risarcimento del danno arrecato. In questo caso il danno è anche più grave perché, nonostante l’intervento del Garante, le dichiarazioni dei redditi continuano tuttora a circolare in rete attraverso sistemi “peer to peer” (eMule).

Tra le prese di posizione a favore della pubblicazione online dei redditi, merita di essere riportata quella resa da Marco Travaglio durante l’ultima puntata di Annozero. “Così – affermava il giornalista – il dipendente pubblico che dichiara 15,000 euro l’anno potrà fare una faccia torva al gioielliere vicino di casa che ne dichiara soltanto 3,000“.

Non si capisce ancora per quale motivo e in ossequio a quale principio l’Agenzia delle Entrate abbia disposto la pubblicazione ma certamente non era nelle sue intenzioni – e se lo era si tratta di un fatto gravissimo – mettere in moto il meccanismo che si augura Travaglio. Perché assecondare istinti così bassi è quasi peggio di evadere le tasse. È contro ogni logica e ogni morale legittimare e favorire atteggiamenti di questo tipo o investire il cittadino di una funzione moralizzatrice a cui non è tenuto e di cui semmai è titolare unicamente lo Stato. Che più che permettere al cittadino di controllare quanto guadagna il vicino di casa, dovrebbe provvedere a che l’evasore non evada più, ristabilendo soprattutto un rapporto di fiducia con il contribuente, riducendo sì la pressione fiscale ma anche corrispondendo servizi adeguati in rapporto alle tasse versate.

I moralizzatori se ne devono rimanere a casa, specie se a muoverli verso così ignobili intenti è questa antipatica lotta di classe di ritorno, mista alla morbosa perversione, tutta italiana, di andare a spulciare le dichiarazioni dei redditi dei vicini. Peggio del moralizzatore c’è infatti solo il moralizzatore guardone. E se poi il dipendente di Travaglio oltre al gioielliere scopre che anche l’edicolante, il commerciante e l’avvocato dichiarano meno di quanto guadagnano? Facce torve anche a loro e poi a casa, appagati o magari devastati dal desiderio inconfessato di emularli.

Per cui se mai vi dovesse venire voglia di fare facce torve agli evasori, prima di piazzarvi di fronte a casa del vicino, andate da Travaglio e sputategli in un occhio!  

Giulio



Primi passi verso un’istruzione più libera
4 Maggio, 2008, 4:25 PM
Filed under: Scuola

Azione Studentesca è da sempre impegnata nella battaglia contro il caro-libri! Gia nell’anno precedente, per esempio, avevamo proposto l’integrazione dei testi scolastici on-line, ma solo quest’anno (finalmente) le case editrici hanno preso a carico l’iniziativa. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso di accettare, rendendo vincolanti, gli impegni presentati dell’Associazione Italiana Editori (A.I.E.) e da altre nove case editrici, nell’ambito dell’istruttoria, avviata il 13 settembre 2007, per presunte violazioni della concorrenza nel mercato dell’editoria scolastica.

A partire dai prossimi giorni gli insegnanti delle scuole secondarie potranno accedere gratuitamente all’intero elenco dei libri di testo in commercio per ciascuna materia; la consultazione sarà possibile ogni anno, a partire dal 5 aprile. In tal modo si riduce il ruolo dell’attività promozionale degli editori, e si consente una migliore visibilità anche alle case editrici di minori dimensioni.

Grazie a questo progetto vi sono innumerevoli vantaggi: anzitutto la riduzione dei prezzi, si pagherebbe solo il prezzo della copertina, cosa che per le famiglie è già un grande traguardo, dato che sono costrette a spendere ogni anno circa 400€ per i testi scolastici. In più le case editrici che nell’anno corrente sono state soggette a indagini dell’Anti Trust non potranno mettersi d’accordo sul prezzo dei testi, che aumentavano più del 5% ogni anno.

Inoltre lo sviluppo degli strumenti informatici dovrebbe portare anche a un aumento della durata media dei libri scolastici: le integrazioni delle nuove edizioni potrebbero infatti essere inserite nel supporto informatico, senza dover modificare il testo cartaceo. In questo modo, verrebbe agevolato l’utilizzo dei testi per più anni, favorendo inoltre forme alternative di commercializzazione, come il noleggio, il comodato d’uso e l’acquisto di libri usati.

L’Associazione Italiana Editori e gli editori interessati dal procedimento dovranno presentare all’Autorità, entro il 31 dicembre 2008 e con cadenza annuale, per i successivi tre anni, una relazione dettagliata sull’attuazione degli impegni assunti nel mercato dell’editoria scolastica. Primi traguardi raggiunti per chi da anni lotta per l’abbattimento del caro libri, per chi da sempre denuncia il monopolio della cultura da parte delle case editrici.

Primi passi verso un’istruzione più libera!

Alessia 



Il ritorno di Peppone… e don Camillo
4 Maggio, 2008, 12:30 am
Filed under: Tempi moderni

 

Dopo il sindaco di Alghero, che durante la cerimonia del 25 Aprile aveva proibito alla banda di intonare le note di “bella ciao“, anche altre figure seguono l’esempio del primo cittadino isolano. Succede a Castelnuovo del Friuli (Pordenone), durante i funerali di Egidio Cozzi, un ex partigiano. Stavolta è il parroco locale a impedire che risuonino le note di “bella ciao“, sia all’interno che all’esterno della chiesa. A richiedere la canzone venisse suonata è stato lo stesso defunto, che più volte in vita, aveva manifestato la volontà che alla sua cerimonia funebre una banda intonasse la tanto amata canzone. Ma a tale richiesta si è opposto il parroco che ha impedito alla piccola orchestra partigiana di esibirsi all’interno della parrocchia.

La risposta del don Camillo friulano non tarda ad arrivare: “Mi sono limitato ad applicare le direttive che regolano l’uso della musica all’interno dei luoghi di culto” si è giustificato, precisando però di non essersi opposto all’esibizione della banda all’esterno della chiesa. “E’ stata una cosa poco sensibile e irrispettosa del defunto e dei suoi familiari” riferisce il segretario dell’Anpi di Pordenone “I familiari  avevano capito perfettamente il disagio del parroco nel fare eseguire simili brani in chiesa, quando, però, il prete si è rifiutato di concedere il nulla osta perfino per l’esibizione sul sagrato,  è sembrato a tutti un affronto, e abbiamo rinunciato alla cerimonia religiosa per dare corso unicamente a quella civile“.

Dopo Alghero, perciò, un altro rifiuto per “bella ciao“. La moda partigiana, perché di moda si tratta, comincia ad affievolirsi, come testimonia la scarsa affluenza popolare ai vari concerti sinistroidi del 25 Aprile. Gli Italiani sono accorsi in massa ad assistere al fenomeno Grillo, poco interessati alle vicende partigiane. Le recenti parole di Berlusconi, che invitavano a “rispettare i ragazzi di Salò, e i motivi per i quali essi lottavano“, gli operai del nord che votano la lega, i quartieri proletari di Roma che votano il “neofascista” Alemanno, sono un segnale forte, di un’Italia che sta cambiando.

Le parole di Giorgia Meloni, ex vicepresidente della camera, sono anch’esse un segnale di sdoganamento e di superamento delle vecchie logiche dei blocchi contrapposti: “Anche i giovani militanti del Fronte della gioventù che morirono assassinati sono martiri dell’Italia, non solo della Destra“. E aggiunge: “Eravamo ragazzi con un’idea della ribellione finalizzata a costruire un mondo diverso, ragazzi che consideravano e considerano ancora il potere come uno strumento e non un obiettivo. Il Fronte della gioventù è la mia storia».

«Per noi la violenza non è mai stata uno strumento dell’agire. Al contrario c’è tanta nostra gente che si è dovuta difendere, poichè veniamo dalla storia di una comunità politica che, per un certo periodo del suo percorso, è stata considerata un bersaglio da tutti. La storia di quei ragazzi che morivano a 16 anni in mezzo alla strada ed era normale perchè ammazzare un fascista non era reato. Erano ragazzi nati nel 1965, venti anni dopo il fascismo, che non c’entravano nulla con il fascismo e per i quali la società non ha versato una lacrima. Io dico che storie analoghe ci sono state anche dall’altra parte della barricata e che solo oggi si sta rendendo giustizia a tutti quei ragazzi». C’è chi, perciò, percepisce il vento di cambiamento e non rinnega il proprio passato, “se rinnegassi il Fronte della gioventù rinnegherei me stessa. Tutto ciò che mi porto dentro di pulito, di autentico, di ideale me lo ha insegnato il Fronte della gioventù“, ma mira a portarne avanti valori ed idee, davvero patrimonio di tutti gli Italiani, e concretizzarle in prospettiva futura.

Ma c’è anche chi, improvvisatosi Peppone di turno, completamente fuori tempo massimo e rinnegando la propria storia, anche familiare, esalta il 25 Aprile e ne enfatizza i “valori” che sino ad oggi ci siamo portati dietro. Valori che, al di là di ogni personale giudizio sulla data del 25 aprile, di fatto alimentano rancore, odio, invidia e divisione. Tutti “valori” che, in uno stato organico, che vede nell’intera comunità nazionale la propria forza interiore, servono solo a portare indietro il paese verso un passato recente, colmo di errori da cui dobbiamo imparare, che non deve più tornare.

Riuscirà il novello Peppone a capire questo?

Alessandro



Scelte di vita
30 aprile, 2008, 1:47 PM
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E’ un mondo sempre più figlio della globalizzazione e del precariato, dove casa, lavoro e futuro diventano desideri difficilmente realizzabili. E’ un mondo dove banche usuraie ed alta finanza la fanno da padroni, ipotecando tutto e tutti, comprando la dignità degli uomini e delle generazioni future. Questa è la società che ha tolto dal vocabolario le parole responsabilità, sacrificio, volontà, speranza, coraggio, famiglia. Le ha tolte per sostituirle con un’altra: aborto.

Molte giovani coppie scelgono la via dell’aborto perché non possono o non vogliono mantenere un figlio. Il bambino è un costo. È un bene di lusso. Consuma più di una macchina, tiene svegli la notte, e bisogna pure cambiargli il pannolino. Leggo su la Repubblica di una neomamma che sceglie di abortire perché tra lei ed il suo partner guadagnano 1300 euro mensili. Entrambi precari, entrambi sfruttati. Impossibile perciò mantenere un figlio. La coppia ha fatto due più due, ha usato “la ragione” ed è arrivata alla triste e sofferta decisione. Chi pagherà sarà il bambino.

La neomamma sofferente e disperata decide però di scrivere al nostro beneamato Presidente della Repubblica. Scrive “dell’emozione bruciante, felicità incontenibile” alla scoperta della gravidanza, ben presto però “la ragione ha preso il posto del cuore“. Il suo appello a Napolitano prosegue: “Presidente, ora devo scegliere se essere egoista e portare a termine la mia gravidanza sapendo di non poter garantire al mio piccolo neppure la mera sopravvivenza, oppure andare su quel lettino d’ospedale e lasciare che qualcuno risucchi il mio cuore spezzato dal mio utero sanguinante, dicendo addio a questo figlio che se ne andrà per sempre“.

Nel rispondere poi alle domande della giornalista colpiscono alcune risposte: “..non mi perdono di non esserci stata attenta, nel breve periodo in cui ho sospeso l’anticoncezionale. Nel frattempo mi chiedo: dove è andata a finire la mia dignità? Ce l’ho messa tutta per costruirmi un futuro.. Perché se ti manca la moneta da un euro per prendere la metropolitana non importa, ma se ti mancano i cento euro per portare il tuo bambino dal dottore importa eccome“.

Cosa risponderà la più alta carica istituzionale a questa donna? Il nostro presidente partigiano riuscirà ridare la dignità ad una mamma che sta per scegliere la via più facile? Ci si aspetta da lui che spieghi che un bambino non ha colpa se lo stato ha lasciato le redini del paese a banche e multinazionali, privando le nuove generazioni delle dignità più elementari: casa, lavoro, stabilità, sicurezza. Saprà Napolitano convincere la neomamma che la vita è fatta di scelte, di responsabilità, di sacrifici e di coraggio? Probabilmente no.

Dubito che alla ragazza basteranno le parole di un partigiano. Le servirebbe più uno stato forte, che tuteli i più elementari diritti degli italiani. Uno Stato che non porti l’uomo a scegliere sempre la via più facile, spesso obbligata. Uno Stato che ridia la voglia di essere protagonisti del proprio futuro, che consenta alle persone di vivere, non si sopravvivere. Resta l’improbabile speranza che la ragazza scelga la via più impegnativa, ossia di non far pagare al bambino le colpe della società. La speranza che la ragazza scelga la via del coraggio e permetta al bambino di combattere, dandolo magari in adozione.

Strada coraggiosa, ma percorribile.

Alessandro



Carestie del terzo millennio
29 aprile, 2008, 10:57 am
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Chi avrebbe mai detto che, quell’agricoltura che in tanti davano per morente, arrivasse a far discutere i maggiori esponenti dell’alta finanza e della Borsa mondiale. Investimenti, immancabili speculazioni, corse ad acquistare terreni abbandonati da agricoltori che non riescono a sostenere l’aumento del prezzo del gasolio, delle sementi o del trasporto dei prodotti. A combattere questa crisi tante parole che non hanno smosso l’impietosa e stagnante situazione: i cibi costano di più, molto di più.

Nel resto del mondo si continua a morire di fame mentre nell’occidente, ricco ( !??!) e benestante ( !!!!???) si è costretti dalla matrigna Europa a produrre derrate limitate per non sfavorire questa o quella nazione ( i produttori di latte sardi e francesi scaricarono litri e litri di latte per strada per protestare contro le sanzioni europee per lo sforamento delle quote) e contestualmente negli scaffali degli ipermercati le derrate alimentari marciscono in attesa che qualcuno le consumi. L’italiano fa economia sul cibo, visto che anche per far la spesa bisogna accedere ad un mutuo (e bisognerà creare dei forni sociali); addirittura si pensa di produrre carburante dai cereali o da altri alimenti o materie prime che l’uomo ha utilizzato da sempre per il proprio nutrimento.

Perché l’Europa continua a far male a se stessa? L’uomo qualunque si chiede per quale motivo non ci possa essere un’equa distribuzione dei cibi e come mai, vista l’alta concorrenza nel settore, i prezzi tendono costantemente a salire. Perchè l’Europa preferisce buttare la sovraproduzione piuttosto che destinarle alle zone più bisognose di cibo? Perché si dice di voler combattere l’immigrazione ma non si fa niente per trattenere i migranti nei propri Paesi d’origine? Perché il contadino nostrano guadagna 50 centesimi per il proprio prodotto, per poi vedere che, quello stesso prodotto, costa sei volte di più nell’ipermercato?

Tante domande e nessuna risposta certa. Solamente bisogna avere la voglia d’intervenire e smuovere le menti dei cittadini, perché le nostre campagne non possono e non devono divenire delle raffinerie per far muovere le automobili o gli aerei. Il cibo si mangia e se ve n’è troppo, diamolo a chi non lo ha. L’alta finanza è entrata in maniera massiccia nell’agricoltura (c’è sempre stata e forse si è capito dove sta la speculazione e perché l’Europa si muove così) e sfogliando le pagine di storia, questo non fa presagire nulla di buono. Il cibo non può essere considerato come un gioiello appannaggio di chi è ricco; il cibo è materia essenziale e vitale.

Non ci possono togliere il pane dalla bocca.

Sasso